progetto e regia di Sergio Maifredi
Argo, il vecchio cane di Odisseo, è l’emblema, l’immagine archetipica della proverbiale fedeltà del miglior amico dell’uomo. A lui Omero dedica, nel XVII canto dell’Odissea, una manciata di versi di commovente intensità capaci di restituire il senso dell’attesa tenace e testarda, la gioia del riconoscimento, la capacità - del cane, più che dell’uomo, di tenere sempre viva la speranza.
Odisseo è approdato nell’agognata Itaca, ma il suo peregrinare è tutt’altro che giunto al termine; la sua reggia è assediata dai proci e l’eroe, rimasto lontano per venti lunghi anni, non può ancora rinunciare, per opportunità, al presentarsi come straniero ed estraneo in casa propria. Si aggira, per questo, sotto mentite spoglie, quelle di un mendicante vestito di stracci. Ma se il camuffamento ha pieno successo con gli uomini, non si può dire lo stesso per Argo. L’amatissimo cane, infatti, lo riconosce immediatamente e, con sforzo immane, ritrova la perduta vitalità, quel che basta per dimostrare all’adorato padrone che lo ha riconosciuto e dedicargli quell’ultimo gesto di affetto per poi morire.