Anime migranti
Spettacolo concerto
Anime migranti
di e con Mario Incudine
Mario Incudine: voce e corde
Antonio Vasta: pianoforte, fisarmonica e organetto
Emanuele Rinella: Percussioni
Anime migranti, è colonna sonora di un progetto corale sulla fratellanza tra i popoli scritto e musicato da Mario Incudine su testi di Mariangela Vacanti.
Lo spettacolo che ne è venuto fuori è impregnato di racconti di migranti siciliani, incredibilmente simili, secondo Incudine, alle storie di vita degli immigrati di pelle nera che oggi arrivano a frotte sulle coste siciliane.
La migrazione in questa prospettiva è uno specchio nel quale si riflette la Storia, una tela di occhi che si scambiano sguardi disperati da Palermo a Tunisi, da New York a Baghdad. L’unica strada percorribile per le “anime migranti” di ogni tempo è la fratellanza, tracciata da chi ci ha preceduto. Le facce dei siciliani sui bastimenti per l’America, le braccia laboriose nelle miniere belga che hanno fatto più grande l’Europa somigliano come una goccia d’acqua alle mani degli africani approdati sulle coste dello Stivale.
L’operina alterna musica e recitazione, canti e cunti, drammi e sorrisi, i risvolti seri e umoristici della migrazione. Si parte dal grido di un naufrago africano disperato che invoca la morte in mare piuttosto che il rimpatrio in Salina (brano con cui Incudine ha vinto il Festival della nuova canzone siciliana), per approdare a Speranza disperata, riflessione sui siciliani in viaggio per le Americhe, e a Sottomare, strumentale dedicato alle anime in viaggio verso destinazioni lontane. C’è poi la nostalgica Novumunnu, canto d’addio di un migrante alla propria terra madre, lo struggente Lu trenu di lu suli, cunto sulla tragedia di Marcinelle vista dagli occhi della moglie di un minatore siciliano, Namename, preghiera di chi vuol trovare il coraggio di lasciare la propria terra avara di piogge, e i canti che raccontano invece il profondo attaccamento al proprio paese, come Sempri ccà, voce di chi sa che non riuscirà mai a staccarsi dalle proprie radici, Terra, che esprime la carnalità del Mediterraneo che scorre come sangue nelle vene di chi lo abita, e così come Sotto un velo di sabbia che descrive il dramma degli uomini abbandonati alla morte in un Sud che soffoca i sogni come sabbia nella gola. Note di speranza arrivano da Strati di paci, inno alla fratellanza dei popoli, Tenimi l’occhi aperti, in cui un padre consegna ai figli il futuro dei propri sogni, e Lu tempu è ventu, romanza sussurrata di un’umanità che scuote la polvere e trova la forza per dire a se stessa: cammina senza voltarti indietro.
«È una riflessione in musica e parole per non dimenticare da dove veniamo e per non assistere ancora una volta al silenzio della memoria – spiega Mario – la musica popolare, quella che i nostri nonni hanno portato Oltreoceano e quella che ancora vive dentro i racconti di chi è rimasto da questa parte del mare è il filo conduttore di questo viaggio che parte dalla Sicilia: da quest’isola si alza un canto a più voci per raccontare il nostro tempo, un tempo in cui le coste sono teatro di tragedie, di gommoni che non riescono a toccare riva e di mari ormai cimiteri di tanti, indefiniti, morti. Per questo motivo un opera a più voci, perché sia un unico abbraccio, un'unica voce, un'unica bandiera per la pace e l’amore tra i popoli. C’era una Sicilia che ha visto partire, c’è una Sicilia che vede arrivare. Questa è la Sicilia che si è messa a cantare».
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