1816. L’anno senza estate
Che spettacolo fu
quell’anno senza estate
di e con Massimo Minella
alla fisarmonica Franco Piccolo
Il clima nel 1816 è stato alquanto bizzarro. L’estate è arrivata, ma qualcosa non stava andando per il verso giusto, perché erano tornate le temperature fredde. Il cielo era quasi sempre nuvoloso. La carenza di luce solare, era così rilevante che gli agricoltori hanno subito ingenti perdite in termini di raccolto e la penuria di cibo è stata riportata in Irlanda, Francia, Inghilterra e Stati Uniti.
Massimo Minella richiama alla memoria l’ormai celebre e temuto anno senza estate, il 1816, quando il clima in Europa e il Nord America è stato caratterizzato da un’inversione di tendenza così significativa che ha prodotto fame e carestia.
Il clima nel 1816 è stato alquanto bizzarro. L’estate è arrivata, ma qualcosa non stava andando per il verso giusto, perché erano tornate le temperature fredde. Il cielo era quasi sempre nuvoloso. La carenza di luce solare, era così rilevante che gli agricoltori hanno subito ingenti perdite in termini di raccolto e la penuria di cibo è stata riportata in Irlanda, Francia, Inghilterra e Stati Uniti. Massimo Minella richiama alla memoria l’ormai celebre e temuto anno senza estate, il 1816, quando il clima in Europa e il Nord America è stato caratterizzato da un’inversione di tendenza così significativa che ha prodotto fame e carestia. Sarebbe passato più di un secolo prima che gli esperti si rendessero conto delle ragioni che hanno portato al particolare evento climatico: l’eruzione di un vulcano gigantesco su un’isola remota dell’Oceano Indiano, che un anno prima ha emesso nell’atmosfera una ingente quantità di polveri vulcaniche. Le polveri del Monte Tambora, hanno avvolto l’intero globo, e con la luce solare bloccata al di fuori di esso, il 1816 non ha avuto una estate “normale”.
È un’esplosione cento volte più potente rispetto a quella del Vesuvio che seppellirà Ercolano e Pompei, nell’aria si ritrovano 150 miliardi di metri cubi di roccia sminuzzata, polvere, detriti, nella stratosfera si forma una calotta che oscura il sole e raffredda la terra. E ammazza l’estate. Che nel 1816 non arriva. Anzi. A maggio nevica a Taranto, a giugno a New York, cieli cupi e freddi segnano i giorni, mentre aumentano le malattie e le carestie perché con l’agricoltura rovinata non si sa di che mangiare.
Nessuno si arrende. C’è chi prova a mettere insieme quello che sarà il futuro cavallo meccanico, la bicicletta. E’ un aristocratico tedesco, si chiama Karl Drais: lui, visto che i cavalli sono spariti, morti di freddo o sacrificati alla carestia di cibo, inventa la Draisina, una storta di prototipo della bicicletta ma senza pedali. È sempre il 1816 l’anno dei tramonti rossi di William Turner, il grande pittore delle marine inglesi, colpito da quei cieli rosso cupo che appaiono così raramente nelle giornate senza caldo. Intanto gli intellettuali che aderiscono al Romanticismo creano un convivio a villa Diodati, in Svizzera ospiti di lord Byron. Lì Mary Shelley scrive il suo “Frankestein” e John Polidori risponde con “Il Vampiro” sviluppando una traccia lasciata da Lord Byron. E adesso Minella svelerà altri segreti di quell’anno stregato. Che aveva perso l’estate.
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